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sabato 23 marzo 2013

TURISMO, SERVIZI, APPRENDISTATO: ULTIMA OCCASIONE

Dai dati di ISTAT e Confcommercio resi pubblici nei giorni scorsi, anche se ad occhio si percepiva che da quattro anni, ogni giorno, 615 cittadini italiani diventano “poveri”, emergono, per chi abbia veramente intenzione di risollevare il nostro Paese, due precise cose da fare, nell'economia e nel mondo del lavoro.
La prima: prendere atto che l'avanzo positivo tra esportazioni e importazioni si registra per merito di due precisi settori: il turismo e i servizi. E questi sono quelli su cui puntare, sacrificandone altri ormai in decadenza. Già in precedenti interventi l'AGL , trattando di crisi come quelle dell'ILVA, dell'ALCOA e del Carbosulcis o del drammatico ritardo del nostro Meridione, aveva assunto una chiara posizione: è ora di fare delle scelte guardando in faccia alla realtà. Così, prima di noi, hanno fatto e stanno facendo altre economie nostre concorrenti, è ora che ci si dia una mossa. E là dove la politica, per la fase di stallo che si sta verificando, non ne fosse capace, occorre che la responsabilità venga assunta dalle forze sociali, dei lavoratori e imprenditoriali. Gli ammortizzatori sociali sono una necessaria temporanea medicina ma nulla comportano in termini di correzione di rotta sulla via dello sviluppo. Quindi ripetiamo quanto detto, facendo l'esempio dell'ILVA (ma stesso criterio potrebbe essere adottato in altri casi analoghi, presenti e, sicuramente, futuri). L'industria dell'acciaio e del carbone in Italia non ha futuro. Riconvertiamo e dirottiamo sul turismo le forze occupazionali presenti. Investiamo le poche risorse rimaste nei nostri tesori naturali e artistici, facciamo dell'Italia la Florida d'Europa. E (il tema ha avuto successo elettoralmente per chi l'ha proposto) aboliamo i tagli all'istruzione, alla formazione e alla cultura, impiegando le risorse non nel mantenimento di burocrazia, parassitismo e posti clientelari ma in digitalizzazione . Solo investendo in formazione potremo raccogliere, a breve e medio termine, risultati nella competizione nei servizi di alta qualità. E vincere la sfida del futuro: l'export di prodotti ad alto valore aggiunto verso i Paesi “Brics” e “Next Eleven” .Occorre poi (è la seconda cosa da fare subito) riorganizzare da zero l'apprendistato in Italia, sul modello tedesco. In estrema sintesi occorre compiere una operazione di chiarezza e lealtà. L'apprendistato in Italia non funziona poiché dalle imprese è visto come una operazione di puro e semplice risparmio di imposte e contributi e di ricattabilità della forza lavoro. Dai sindacati è tollerato in quanto consente di mantenere per altro tempo il gregge di lavoro subordinato da mungere per perpetuare l'esistenza stessa dei grossi sindacati. Come accade sovente nel nostro Paese, è la versione “all'italiana” di cose che all'estero funzionano a fallire, togliendo a tutti la speranza che qualcosa possa cambiare. Siamo ancora in attesa che chi ha ricevuto maggiori consensi alle elezioni dimostri di volere e sapere fare il lavoro per cui è stato “assunto” , guadagnandosi il cospicuo stipendio. Se continueremo così, il problema si risolverà da solo perchè tra poco non esisterà più neanche l'Italia.


domenica 17 marzo 2013

AUGURIAMO BUON LAVORO AI NUOVI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO. SI IMPEGNINO A FAR APPROVARE CON URGENZA L'AMNISTIA E UNA SANATORIA DI TUTTI GLI STRANIERI IRREGOLARI CON LA CHIUSURA DEI CIE

Finalmente le due Camere neoelette hanno compiuto il loro primo atto. L'elezione dei rispettivi presidenti, due personalità di indiscutibile prestigio: Laura Boldrini (ex Alto Commissario dell'ONU per i rifugiati) e Piero Grasso (ex Procuratore nazionale anti mafia). Ci sono piaciuti i loro discorsi di insediamento nei quali è trasparita l'emozione per avere da oggi la possibilità di portare a un più alto livello istituzionale di impegno gli ideali per cui si sono battuti per una vita. Non è un caso se su queste due personalità si sia formata (per alcuni a sorpresa) una maggioranza (lasciamo perdere, come si è insinuato a posteriori,se ciò sia avvenuto con l'ausilio o meno di qualche franco tiratore, sono particolari se poi tutto è avvenuto a fin di bene).A parole ci hanno fatto capire come sia per loro venuto il momento della “buona” politica e hanno fatto esplicito riferimento al dramma dell'immigrazione clandestina e a quello dell'insostenibile situazione delle carceri. Hanno, come si dice, predicato bene. Sono stati il polo attrattivo di una precisa maggioranza, con un netto orientamento. Bene, esistono alcune questioni, di emergenza ma anche di coscienza, che, come si suol dire, è opportuno che siano risolte non tanto da un governo di parte ma da un'”ampia maggioranza parlamentare”, meglio se trasversale.Ecco: l'amnistia e la sanatoria (con annessa chiusura dei CIE) sono due esempi. Chiediamo, come AGL, che il nuovo Parlamento dimostri subito di essere capace di fare presto e bene ciò che i precedenti non hanno realizzato.


domenica 10 marzo 2013

RIFORMA DEL LAVORO POST ELEZIONI (ARTICOLO SCONSIGLIATO PER I SOGGETTI IMPRESSIONABILI)

Come noto, non è emerso un vero vincitore dalle elezioni italiane. Là dove, su specifici temi, tra uno schieramento e l'altro ,vi erano sensibili differenze, ciò dovrebbe essere di conforto per chi temeva, trattandosi di rimedi tutti peggiori del male, che un punto di vista avesse prevalso sull'altro. Un esempio è quello delle politiche del lavoro. Chi avreste buttato giù dalla torre tra i Ministri del Lavoro in pectore, ognuno di un diverso schieramento? Ossia tra Sacconi/Cazzola, Ichino/Fornero, Dell'Aringa/Damiano/Vendola, x/y (grillini)? Poiché siamo contro le soluzioni violente avremmo preferito buttarci noi, per non spargere sangue altrui. Ma il bello è ora che per arrivare a un compromesso è possibile che un dato schieramento, pur di non perdere il governo, sia disposto ad adottare le tesi lavoristiche dell'altro schieramento. Facile, se si pensa che si tratta di soluzioni inadeguate, irrealizzabili o fallimentari. Diciamo che anni di esperienza , anche recente, ci hanno sicuramente indicato cosa non fare. E' implicito che la verità sia in comportamenti differenti. Quali?Adesso non chiedeteci troppo. Anche perchè nelle politiche del lavoro si potrà fare qualcosa di valido a condizione che già si siano fatte altre cose, apparentemente distanti dall'ambito di competenza del Ministero di Via Flavia. Primo criterio: mandiamo in vacanza (una volta si parlava di anno sabbatico) tutti i giuslavoristi italiani (che non hanno scuse perchè o hanno fatto i ministri o ne erano i bracci destri). Facciamo a meno di loro in quanto i risultati raggiunti dalle riforme tentate dagli anni novanta ad oggi ci hanno dimostrato che questi scienziati ancora hanno tanto da studiare (soprattutto la realtà del mondo del lavoro) e in queste condizioni fanno solo danni. Se gli ingegneri si dimostrano incapaci forse sarà il momento di dare un po' di spazio ai geometri: non si sa mai che riescano ad indovinarci. Poi: evitiamo di creare nuovi equilibri, tra una forma e l'altra di lavoro, operando sulla dialettica più costi/meno costi, svantaggi/vantaggi. E' il mercato del lavoro (di solito più veloce di chiunque altro) a stabilire, a posteriori la validità dell'una o dell'altra soluzione. In genere quella che vince è la soluzione più semplice, meno burocratica e meno foriera di tasse variamente travestite. Ecco, questo crediamo potrà essere il vero merito storico della riforma Fornero: costituire in un certo senso la Bibbia di tutto quello che non va fatto sul lavoro, un gigantesco ed insuperabile esempio in negativo che in quanto tale è perfetto come un opera d'arte e sarà studiato dai posteri. Chiedere ai consulenti del lavoro per averne conferma. Altra cosa da non fare: attribuire valore al lavoro stabile e disvalore al lavoro non stabile. Abbiamo già detto più volte che vanno considerate con il massimo rispetto le esigenze di chi ha o ha avuto il posto fisso e si aspetta di mantenerlo fino ad una pensione che sia più dignitosa di adesso così come di coloro che sono in debito con la società (pensiamo ai precari della scuola) per aver fatto parte, loro malgrado, di una umanità sfortunata in cui sono stati illusi da un miraggio, quello appunto, del posto fisso. Queste fasce di popolazione non vanno punite ma accompagnate verso un miglioramento, graduale , della loro condizione. Sarà difficile (sappiamo quale peso abbia il debito pubblico) ma va fatto innanzitutto per un principio di dignità. Ma arriverà il momento (e su questo dobbiamo deciderci a voltare pagina) che nella società italiana non esistano più i termini “posto fisso” e “lavoro precario” così come oggi intesi. Quella è la direzione verso cui andare, certo, gradualmente. Un lavoratore quindi che abbia sempre una fonte di reddito anche nei periodi di passaggio, la possibilità di cambiare serenamente il lavoro più volte nella sua vita, di fare carriera, di formarsi, di migliorare. Sia nel pubblico che nel privato. E questo, in un prossimo futuro dovrà valere per tutti. Perchè l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sul posto di lavoro. Parimenti non dovrà esistere più di fatto il concetto di precario sinonimo di ricattato, malpagato e sfruttato e senza prospettive di serena esistenza. Su questa, che è innanzitutto una battaglia culturale, constatiamo che nessuno è impegnato seriamente. Male, poiché significa che si stanno difendendo rendite di posizione o si sta sfruttando la disperazione delle fasce più marginali del mondo del lavoro. Di solito per guadagnarci sopra . E, soprattutto ora, per fini elettorali. Analoga apertura mentale è ora sia adottata sulla questione pensioni. Qui notiamo passi in avanti rispetto alle appena ricordate contraddizioni relative ai lavoratori attivi. Si è giustamente seguita l'indicazione di rapportare l'età pensionabile alla aspettativa di vita. Ancora non si è fatto nulla (anzi si è registrato un peggioramento) nel comprendere che l'attuale meccanismo non va più bene (e sarà sempre peggio) per poter assicurare un livello di vita sufficiente ad ogni singolo pensionato. Anche qui paghiamo l'eccessivo credito dato in questi decenni agli scienziati pazzi. Ma prima o poi la situazione esploderà e come accade occorrerà mettersi a correre per evitare di sprofondare nella voragine e per fare in pochi secondi quel che ci si è rifiutati di fare per anni. Non è questa la sede per trattare col giusto approfondimento temi così delicati ma , intuitivamente, chi volesse mettersi seriamente a studiare per sciogliere questo nodo non potrebbe prescindere dall'affrontare alcuni tabù che prima o poi verranno infranti. Il primo è quello dei cosiddetti diritti acquisiti. E' la giustificazione oggi più forte alle peggiori schifezze tuttora presenti nella giungla pensionistica. E, temiamo, sia una giustificazione strumentale, interessata e non più tollerabile. Così come avviene per esigenze di ordine pubblico, è bene si cominci a pensare a leggi eccezionali anche per abbattere privilegi pensionistici non più sopportabili per la gran massa della popolazione. Dobbiamo deciderci cioè se questo paese lo vogliamo salvare o no. Poi, collegato a quanto appena detto e alla vicenda esodati , forse è arrivato il momento di pensare di trovare dei rimedi per cui anche chi ha maturato il diritto alla pensione possa se lo vuole e non rimettendoci tornare nel mondo del lavoro regolare (e non solo di quello nero come oggi accade). Ripetiamo, possono apparire affermazioni scandalose e dissacratorie, ma sarà ciò di cui si parlerà quando si accorgeranno che non ci sono più soldi per venire incontro a tutti gli esodati. Non date retta a chi vende analisi interessatamente confuse: non esiste concorrenza tra vecchi e giovani, non esiste mancanza di lavoro indotta dalla crisi . La realtà vera è che la concorrenza c'è tra chi ha voglia di lavorare e mettersi in gioco e chi ha un atteggiamento passivo. E che la crisi di lavoro è la crisi di creazione di posti fissi. Chi conosce la realtà sa che è così e il rifiuto dei partiti e dei sindacati di accettare questa verità deriva dal fatto che questo meccanismo, se liberato, provocherebbe l'inutilità della macchina burocratica, dei posti assegnati in maniera clientelare, dell'assistenzialismo e del parassitismo (politico e sindacale). Altro tabù da abbattere sarà quello delle retribuzioni. L'art. 36 della costituzione è inadeguato e irrealistico. Così come l'apparato dei CCNL. Occorre, siamo in emergenza, che venga posto un tetto alle retribuzioni massime e vengano innalzate quelle minime ossia i salari e gli stipendi dei lavoratori e le pensioni degli anziani. E che venga assicurato un reddito minimo a chi momentaneamente non lavora. Dove si trovano i soldi? Basterà fare un gigantesco sondaggio in rete a costo zero perchè i riflettori si accendano su situazioni di privilegio e spreco di cui giornali e TV spesso non parlano. Basta volerlo. Da ultimo , un consiglio: non fidatevi di economisti e giuslavoristi falliti, personaggi tragicomici che o portano sfiga o fanno la figura patetica di meteorologi che non azzeccano mai il tempo che farà. Noterete che in questi giorni scrivono a iosa bocciando alcune proposte innovative che finalmente hanno avuto una consacrazione elettorale. I poverini non hanno capito che l'adozione del “ceteris paribus” nel calcolare gli effetti di ipotizzate novità è inadeguata all'esigenza di porre mano a situazioni nelle quali diversi fattori devono cambiare contemporaneamente. Questi signori non sono altro che i catastrofisti del giorno dopo, quelli chiamati a rimediare al fallimento dei menagrami e delle cassandre del giorno prima che non sono stati sufficientemente bravi nel mantenere la dote di consenso elettorale ai partiti che gli assicurano lo stipendio.

domenica 3 marzo 2013

DISCIPLINARE LA PROSTITUZIONE FEMMINILE E MASCHILE: UNA SCELTA DI CIVILTA'

E' un po' deprimente il fatto che in Italia si riesca a parlare seriamente di certe cose o quando si sta per soffocare di debito pubblico o quando si è nel pieno di un caos politico senza precedenti. E sembra che lo si faccia apposta, in un momento in cui la massima autorità morale e religiosa presente nel nostro Paese è a sua volta in altre faccende affaccendata: la scelta del successore del Papa. Come tuttavia sostengono gli studiosi più moderni e dinamici, è proprio nelle crisi e nelle fasi di passaggio che spesso avvengono le scelte epocali. In sintesi: se non ora, quando?
Veniamo da mesi di adorazione politica del modello tedesco e fa bene chi ne trae spunto per ricordarci anche le cose più scomode. Ossia, per esempio, che la prostituzione è disciplinata, dalla legge tedesca, sin dal 2002 e la novità sembra andare benone. Perchè, detto senza malizia, trattasi di un settore che tira e tutt'altro che in crisi. In Germania, da allora, chi esercita la prostituzione può scegliere (loro si e noi no?) se farlo con un contratto di lavoro subordinato o in maniera autonoma. E c'è l'obbligo per tutti di pagare le imposte sul reddito e di applicare l'IVA a tali servizi. Tutto ciò procura un gran beneficio al gettito fiscale nazionale.
In Italia il deficit pubblico è una bestia con cui tutti i partiti dovranno fare i conti. E' un'emergenza e bisogna inventarsi qualcosa di nuovo e di socialmente sostenibile. Ripetiamo: è fuorviante e autolesionista parlare della “riapertura delle case chiuse” . Non di questo si tratterebbe e quindi senz'altro la cura della dignità e della libertà di donne e uomini sarebbe al primo posto nell'attenzione del legislatore che si occupasse di questo tema. Tra l'altro la motivazione di tale iniziativa non sarebbe solo o tanto l'eliminazione della prostituzione delle strade. L'esigenza cioè non sarebbe quella di nascondere chissà dove un ipotetica vergogna. Sulle strade avvengono, sotto gli occhi di tutti, cose molto più scandalose che l'esibizione di uomini e donne vestiti in maniera succinta e provocatoria. E, per di più, magari la prostituzione fosse solo limitata alle strade. In realtà la stessa (sia nella versione fisica che in quella intellettuale) è presente in maniera preoccupante in politica, nel giornalismo, nella cultura , nelle aziende, in nome dei soldi e della carriera. Siamo quindi ben lontani da una società fondata su solidi principi morali. Quel che è certo è che togliere dalla clandestinità la prostituzione implicherebbe un colpo durissimo agli interessi della criminalità organizzata e i più maliziosi sostengono che proprio questo è il motivo per cui la politica non se ne vuole occupare Inoltre sarebbe un adeguamento vero a quanto si fa da anni nel nord Europa. E perchè no, si offrirebbe la possibilità, sulla base di una libera scelta, di creare, anche per gli italiani (e senza limiti di età, di sesso o estetici, data la multiformità della domanda di servizi in questo campo) centinaia di migliaia di posti di lavoro regolari (e a tempo indeterminato) . Sarebbe poi uno stimolo al rafforzamento di un indotto, già esistente e, ci dicono, prospero, in campo commerciale, dei pubblici esercizi e della attività manifatturiera (è noto che molta oggettistica, in questo campo, è di importazione) con positivo effetto per la bilancia commerciale. Dato il dimostrato beneficio che tale attività (come ci viene ricordato da anni dai mass media) induce nel “cliente” dal punto di vista fisico e psichico, perchè non ipotizzare che possano essere scaricabili queste spese sul 730 al pari di quelle mediche?Vogliamo poi parlare della prevenzione delle malattie sessuali e dell'Aids , attraverso l'uso professionale dei mezzi di protezione e la possibilità che tramite la contribuzione previdenziale, sia possibile assicurare pensioni di vecchiaia a chi svolge tali attività? E un lavoro regolare a tanti stranieri oggi clandestini e in balia della criminalità?Ovviamente dovranno rimanere, anzi essere rese più severe, tutte le norme che colpiscono lo sfruttamento, relativo a quei casi in cui la scelta di esercitare tale professione non sia libera. E favorire l'imprenditorialità da parte di chi, dopo anni nel settore, ha acquisito le capacità di organizzare tali servizi e creare quindi tanti nuovi posti di lavoro, per gli italiani, in particolare, compreso l'indotto.
Legalizzare tutto ciò significherebbe offrire pari opportunità non solo alle donne ma anche agli uomini e a tutti coloro che pratichino scelte sessuali diverse e variegate, tutte degne del massimo rispetto. Coraggio Italia. Mica vorremo rimanere indietro anche su questo?