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venerdì 21 dicembre 2012

tirocini formativi: per la Corte Costituzionale è illegittima la regolamentazione statale della durata e dei requisiti

"""""""""SENTENZA N. 287
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
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nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24 del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare, peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro» (così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente (sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione (sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997 – peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del 2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione
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11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
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