"""""""""SENTENZA N. 287
ANNO 2012
LA CORTE COSTITUZIONALE
(...)
nei
giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 11 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per
lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.
148, promossi con autonomi ricorsi dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna,
Liguria, Umbria e dalla Regione autonoma Sardegna, (...)
2.— La presente
decisione ha ad oggetto unicamente l’impugnazione dell’art. 11 del citato
decreto-legge, il cui contenuto è il seguente: «1. I tirocini formativi e di
orientamento possono essere promossi unicamente da soggetti in possesso degli
specifici requisiti preventivamente determinati dalle normative regionali in
funzione di idonee garanzie all’espletamento delle iniziative medesime. Fatta
eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti
in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati
ammessi a misure alternative di
detenzione, i tirocini formativi e di
orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi,
proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di
neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del
relativo titolo di studio. 2. In assenza di specifiche regolamentazioni
regionali trovano applicazione, per quanto compatibili con le disposizioni di
cui al comma che precede, l’articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n. 196 e il
relativo regolamento di attuazione».
3.— Le Regioni Emilia-Romagna, Liguria
ed Umbria, in termini analoghi, lamentano che le disposizioni impugnate violino
l’art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, disciplinando i tirocini formativi e
di orientamento non curriculari, dettano una normativa che rientra nella materia
di competenza regionale residuale inerente la «istruzione e formazione
professionale».
(...)
3.— I ricorsi sono fondati. La giurisprudenza di
questa Corte ha chiarito che, dopo la riforma costituzionale del 2001, la
competenza esclusiva delle Regioni in materia di istruzione e formazione
professionale «riguarda la istruzione e la formazione professionale pubbliche
che possono essere impartite sia negli istituti scolastici a ciò destinati, sia
mediante strutture proprie che le singole Regioni possano approntare in
relazione alle peculiarità delle realtà locali, sia in organismi privati con i
quali vengano stipulati accordi» (sentenza n. 50 del 2005). Viceversa, la
disciplina della formazione interna – ossia quella formazione che i datori di
lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti – di per sé non rientra
nella menzionata materia, né in altre di competenza regionale; essa, essendo
intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento
civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa (sentenza n. 24
del 2007).
La giurisprudenza successiva ha avuto modo di precisare,
peraltro, che i due titoli di competenza non sempre appaiono «allo stato puro»
(così la sentenza n. 176 del 2010 in relazione al regime dell’apprendistato), ed
ha chiarito che il nucleo «di tale competenza, che in linea di principio non può
venire sottratto al legislatore regionale (…) – al di fuori del sistema
scolastico secondario superiore, universitario e post-universitario – cade
sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente
(sentenza n. 372 del 1989) al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro: in
tal modo, la sfera di attribuzione legislativa regionale di carattere residuale
viene a distinguersi sia dalla competenza concorrente in materia di istruzione
(sentenza n. 309 del 2010), sia
da quella, anch’essa ripartita, in materia
di professioni (art. 117, terzo comma, Cost.), nel quadro della esclusiva
potestà statale di dettare le norme generali sull’istruzione (art. 117, secondo
comma, lettera n, Cost.)» (così la sentenza n. 108 del 2012).
Il titolo di
competenza residuale ora richiamato si applica anche alla Regione Sardegna, in
virtù della clausola di maggior favore di cui al citato art. 10 della legge
cost. n. 3 del 2001.
4.— Ora, alla luce del menzionato, costante
orientamento di questa Corte, appare evidente che il censurato art. 11 si pone
in contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost., poiché va ad invadere un
territorio di competenza normativa residuale delle Regioni.
Il comma 1 della
disposizione, infatti, interviene a stabilire i requisiti che devono essere
posseduti dai soggetti che promuovono i tirocini formativi e di orientamento. La
seconda parte del medesimo comma, poi, dispone che, fatta eccezione per una
serie di categorie ivi indicate, i tirocini formativi e di orientamento non
curricolari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe
comprese, e possono essere rivolti solo ad una determinata platea di
beneficiari. In questo modo, però, la legge statale – pur rinviando, nella
citata prima parte del comma 1, ai requisiti «preventivamente determinati dalle
normative regionali» – interviene comunque in via diretta in una materia che non
ha nulla a che vedere con la formazione aziendale.
D’altra parte, che la
normativa in esame costituisca un’indebita invasione dello Stato in una materia
di competenza residuale delle Regioni è confermato dal comma 2 del censurato
art. 11, il quale stabilisce la diretta applicazione – in caso di inerzia delle
Regioni – di una normativa statale, ossia l’art. 18 della legge n. 196 del 1997
– peraltro risalente ad un momento storico antecedente l’entrata in vigore della
riforma costituzionale del 2001 – che prevede l’adozione di una disciplina volta
a «realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di soggetti che hanno già
assolto l’obbligo scolastico».
(...)
è principio consolidato che il
titolo di competenza costituito dai livelli essenziali delle prestazioni – che
non individua una materia in senso stretto, quanto, invece, una competenza del
legislatore statale idonea ad investire tutte le materie (sentenza n. 322 del
2009) – «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni
delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione
(sentenze n. 383 e n. 285 del 2005), mediante la determinazione dei relativi
standard strutturali e qualitativi, da garantire agli aventi diritto su tutto il
territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili
e sociali tutelati dalla Costituzione stessa» (sentenza n. 232 del 2011).
È
evidente, invece, che nel caso in esame si è fuori da simile previsione, e ciò a
prescindere da ogni valutazione in merito alle finalità perseguite con
l’intervento normativo statale.
6.— L’art. 11 del d.l. n. 138 del 2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, pertanto, deve
essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 117,
quarto comma, della Costituzione
(...)
11 dicembre 2012.
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella
MELATTI, Cancelliere
(...)"""""""""
venerdì 21 dicembre 2012
mercoledì 19 dicembre 2012
“ASPI” , “MINI-ASPI 2012” e “MINI-ASPI” : LE ULTERIORI ISTRUZIONI DELL'INPS SULLA NUOVA “DISOCCUPAZIONE”
L'INPS fornisce alcuni chiarimenti in merito all'Indennità di disoccupazione
"mini-ASpI 2012":
L'INPS ritiene che l'ipotesi della procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conclusa in sede conciliativa con una risoluzione consensuale configuri un'ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, dando così titolo all’accesso alla tutela del reddito corrispondente:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fMessaggi%2fMessaggio%20numero%2020830%20del%2018-12-2012.htm
L'INPS fornisce le istruzioni circa le
nuove discipline, previste dall'articolo 2 della Legge n. 92/2012 (Riforma del
Mercato del Lavoro), conosciute come: Indennità di disoccupazione ASpI e
mini–ASpI:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20142%20del%2018-12-2012.htm
L'INPS ritiene che l'ipotesi della procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conclusa in sede conciliativa con una risoluzione consensuale configuri un'ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, dando così titolo all’accesso alla tutela del reddito corrispondente:
martedì 18 dicembre 2012
PRECARI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: IL SALVATAGGIO
DA IL MESSAGGERO DEL 17.12.2012
Precari, ecco chi si salverà nel pubblico impiego
La proroga dei contratti a luglio riguarderà soprattutto gli enti locali e il servizio sanitario nazionale. Parte la trattativa tra i sindacati e l’Aran per definire durata, intervalli e deroghe per il lavoro flessibile
Precari, ecco chi si salverà nel pubblico impiego
La proroga dei contratti a luglio riguarderà soprattutto gli enti locali e il servizio sanitario nazionale. Parte la trattativa tra i sindacati e l’Aran per definire durata, intervalli e deroghe per il lavoro flessibile
LA MAPPA ROMA Lavorano per Regioni e Comuni e per il Servizio sanitario nazionale. Sono soprattutto loro i precari della pubblica amministrazione che possono trovare una temporanea salvezza nella proroga dei contratti triennali al 31 luglio 2013. La modifica è stata presentata dal governo al Senato e inserita nella legge di stabilità. La mappa di chi entra e chi esce ha bisogno ancora di una serie di passaggi per chiarirsi definitivamente. Il primo, è l’accordo quadro che i sindacati sono chiamati a concludere con l’Aran per definire le regole relative ai contratti a tempo determinato sia per quanto riguarda la loro durata (massimo 36 mesi, ma è prevista la deroga nel caso di contrattazione collettiva), sia per l’intervallo tra un contratto e l’altro, che per definire i casi di proroghe e rinnovi. Con ogni probabilità tutto ciò avverrà a gennaio nonostante l’intenzione del ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi fosse di stringere i tempi e di arrivarci entro fine 2012. Non è stato possibile e anche questa è una delle ragioni della proroga che riguarderà i contratti triennali in essere al 30 novembre e che scadranno a breve per essere prorogati fino, al massimo, alla fine di luglio. La proroga non sarà automatica. E questa è una delle ragioni che renderanno la norma meno ampia di quanto si fosse pensato. Intanto non ci rientrano i 130.000 precari della scuola (per il comparto valgono regole diverse), oltre la metà dell’esercito dei 250.000 contratti a termine utilizzati nella pubblica amministrazione. Riguarderà solo marginalmente l’amministrazione centrale poiché sono pochi, appena 14.893 (quasi 6 mila nella Ricerca e Università), i precari utilizzati nei ministeri ed enti. Si concentrerà invece soprattutto nell’oceano dei 100.052 precari utilizzati dagli enti locali, la metà dei quali lavorano nelle Regioni a statuto ordinario (e nei relativi Comuni), un numero quasi alla pari con il gruppone del Servizio sanitario nazionale (35.194). L’emendamento del governo prevede che i contratti possano essere prorogati, ferme restando le leggi in vigore. Quindi, rispetto dei vincoli finanziari e delle compatibilità con le piante organiche rivisitate dalla spending review. In altre parole, non potrà essere prorogato il contratto se il posto non c’è più. Lo stabiliranno, caso per caso, le singole amministrazioni. Un caso a parte è quello dei ricercatori: molti di loro non gravano sulla pubblica amministrazione, lavorano su progetti finanziati da dotazioni europee e quindi le amministrazioni possono prorogare i contratti per salvaguardare il completamento dei progetti (è il caso del rinnovo recentissimo, fino al 2016, per i precari dell’Istituto nazionale di sismologia). Restano fuori dalla proroga, infine, le altre tipologie di contratto flessibile come i co.co.co o i contratti di somministrazione. L’altra parte dell’emendamento riguarda la stabilizzazione dei precari riservando loro una quota del 40% dei posti nei concorsi pubblici. Per usufruirne, però, bisogna innanzitutto che si facciano i concorsi; per parteciparvi occorre vantare 3 anni di esperienza di lavoro con l’amministrazione che indice il bando. Senza riserva possono accedere i cococo che hanno maturato almeno tre anni di contratti. Un decreto del presidente del consiglio stabilirà i dettagli tecnici entro il 31 gennaio. | |
Barbara Corrao |
lunedì 17 dicembre 2012
ADDIO "Disoccupazione"! DALL'1.1.2013 ARRIVA L' "ASPI" (Assicurazione Sociale per l'Impiego)
L’articolo 2 della legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha istituito, con decorrenza
1° gennaio 2013, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), con la funzione
di fornire un’indennità mensile di disoccupazione ai lavoratori che abbiano
perduto involontariamente la propria occupazione. L’ASpI – che sostituisce la
preesistente assicurazione contro la disoccupazione involontaria – si
caratterizza per l’ampliamento della platea dei soggetti tutelati, per l’aumento
della misura e della durata delle indennità erogabili agli aventi diritto,
nonchè per un sistema di finanziamento alimentato da un contributo ordinario e
da maggiorazioni contributive.
Clicca qui sotto e leggi la Circolare INPS per capire come funziona:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20140%20del%2014-12-2012.htm
Clicca qui sotto e leggi la Circolare INPS per capire come funziona:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20140%20del%2014-12-2012.htm
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA: IL FUTURO E' UN BY-PASS?
da AFFARI ITALIANI
http://affaritaliani.libero.it/economia/delocalizzazione-imprese-italia-svizzera16122012.html?refresh_ce
http://affaritaliani.libero.it/economia/delocalizzazione-imprese-italia-svizzera16122012.html?refresh_ce
Tutti oltre confine/ Le Pmi italiane delocalizzano in Svizzera. A Berna il fisco è market-friendly
Lunedì, 17 dicembre 2012 - 08:51:00
Di Guido Beltrame* La notizia viene data quasi
sottovoce da un funzionario della dogana, difficile verificarla, improbabile che
sia inventata. Ogni giorno lavorativo, dieci camion carichi di
mobili da ufficio valicano il confine tra Italia e Svizzera. Sono
aziende italiane che delocalizzano o si trasferiscono
completamente. Certo, non vale l'equivalenza "un camion = una società",
ma fossero anche solo 2 società al giorno i numeri dovrebbero far
riflettere… E invece, per comodità o - peggio - per voluta
disinformazione, qualcuno continua a sostenere che chi si trasferisce in
Svizzera lo fa solo per pagare meno tasse o, ancora peggio, per frodare
il fisco italiano. Una bella scusa per non voler ammettere e
riconoscere le debolezze, le lacune, i tumori del sistema
Italia.
Arriviamo subito al punto: il carico fiscale è, sì, inferiore in Svizzera rispetto all'Italia (ormai arrivata al top delle classifiche mondiali, quindi quasi qualsiasi Paese è più conveniente dal punto di vista fiscale del nostro), ma quello che attrae gli imprenditori italiani ad andare oltre confine con le loro aziende (o parte di esse) sono anche, se non soprattutto, altri fattori: certezza delle regole, burocrazia ridotta al minimo, funzionari pubblici collaborativi e non, nella maggior parte dei casi, svogliati o addirittura incredibilmente contrari a tutte le possibili soluzioni dei problemi.
Partiamo dal fisco. In Svizzera, ci sono poche e chiare regole. Se avete un dubbio o un problema si contatta l'ufficio di tassazione e lo si risolve insieme, collaborando senza prese di posizione preconcette. Il contribuente è l'anello fondamentale della catena, non la vittima sacrificale. Si arriva, persino, in alcuni casi a preconcordare quante tasse il contribuente/società dovrà versare. Una volta versata la somma concordata non ci saranno controlli ulteriori, nessuno studio di settore, redditometro o ispezione. Annualità chiusa e avanti per l'anno successivo. La collaborazione e l'accordo preventivo fanno in modo che il contenzioso tributario sia ridotto praticamente a livelli minimi con un gran beneficio per le casse della Pubblica Amministrazione. In Italia nel 2011 sono stati eseguiti quasi 700.000 accertamenti. Peccato, poi, che agli accertamenti non faccia seguito un effettivo beneficio per le casse dello Stato.
Le statistiche dicono che, in Italia, in secondo grado (oltre, c'è la Cassazione con costi di difesa spesso insostenibili o non ragionevoli per il contribuente - non per il fisco che è difeso "gratis" dallo Stato) il contribuente ha totalmente ragione nel 45% dei casi, nel 9% dei casi il contribuente ha ragione parzialmente, il fisco vince completamente nel 41% mentre il restante 5% dei casi (fonte Ministero Economia e Finanze) il contenzioso ha un altro esito (difficile da capire quale possa essere…). Considerando, inoltre, che quasi sempre le spese di giudizio vengono compensate tra le parti, si deve concludere che il contribuente italiano è indubbiamente vessato dal fisco. Chi di noi, se sbagliasse il 50% delle sue scelte nel lavoro, riuscirebbe a sopravvivere? Probabilmente dovrebbe cambiare lavoro. I dirigenti e i funzionari del fisco sono ben più fortunati dei comuni mortali: sbagliano una mossa su due, e nessuno gli muove la benchè minima critica. Non solo, ma i costi di questa enorme macchina burocratica legata al contenzioso, non appesantiscono forse il bilancio dello Stato?
*L'autore è un dottore commercialista che esercita sia a Milano che a Chiasso
***************************
COMMENTO ALP-AGL:
Questo articolo pensiamo sia molto utile per far capire a tutti i dipendenti pubblici italiani quale sia il terreno dove si gioca il loro futuro. Non le elezioni delle RSU che si tengono ogni tre anni e che formano organismi che non contano nulla, non l'iscrizione e l'attività per sindacati che, se rappresentativi, non esistono nell'interesse dei lavoratori ma per gli scopi dei loro vertici che intrecciano giochi perversi con certa parte della dirigenza pubblica e del mondo politico. Non nel riscuotere, seppur con regolarità (fino a quando?) , quel misero stipendio (compresi i FUA e le strampalate ripartizioni che se ne fanno) ormai eroso fino all'osso e che consente a malapena di mangiare, non nello sperare in una pensione pubblica che tra qualche anno sarà alleggerita fino a volare via, non nella previdenza integrativa, concepita a uso e consumo di grandi sindacati, compagnie assicurative e banche che vogliono esercitarsi a fare gli speculatori di borsa con le vostre liquidazioni, facendovele sparire. Non nell'ossequiare un dirigente per il quale voi siete solo dei soldatini da mettere in campo per continuare ad avere titolo a sedere sulla propria poltrona.
L'unica maniera per capovolgere questo amaro destino è entrare in rapporto diretto con cittadini e imprese, capire le loro esigenze, collaborare tutti per un nuovo Stato, una nuova Pubblica Amministrazione, mandando in soffitta i vecchi Sindacati e i vecchi Partiti che vi hanno usato, portato a questo punto e che tra poco vi butteranno via.
Che il 2013 sia l'anno dal quale cominci la rimotivazione personale e la capacità di riorganizzarsi in forme nuove. D'altronde, peggio di così...
Arriviamo subito al punto: il carico fiscale è, sì, inferiore in Svizzera rispetto all'Italia (ormai arrivata al top delle classifiche mondiali, quindi quasi qualsiasi Paese è più conveniente dal punto di vista fiscale del nostro), ma quello che attrae gli imprenditori italiani ad andare oltre confine con le loro aziende (o parte di esse) sono anche, se non soprattutto, altri fattori: certezza delle regole, burocrazia ridotta al minimo, funzionari pubblici collaborativi e non, nella maggior parte dei casi, svogliati o addirittura incredibilmente contrari a tutte le possibili soluzioni dei problemi.
Partiamo dal fisco. In Svizzera, ci sono poche e chiare regole. Se avete un dubbio o un problema si contatta l'ufficio di tassazione e lo si risolve insieme, collaborando senza prese di posizione preconcette. Il contribuente è l'anello fondamentale della catena, non la vittima sacrificale. Si arriva, persino, in alcuni casi a preconcordare quante tasse il contribuente/società dovrà versare. Una volta versata la somma concordata non ci saranno controlli ulteriori, nessuno studio di settore, redditometro o ispezione. Annualità chiusa e avanti per l'anno successivo. La collaborazione e l'accordo preventivo fanno in modo che il contenzioso tributario sia ridotto praticamente a livelli minimi con un gran beneficio per le casse della Pubblica Amministrazione. In Italia nel 2011 sono stati eseguiti quasi 700.000 accertamenti. Peccato, poi, che agli accertamenti non faccia seguito un effettivo beneficio per le casse dello Stato.
Le statistiche dicono che, in Italia, in secondo grado (oltre, c'è la Cassazione con costi di difesa spesso insostenibili o non ragionevoli per il contribuente - non per il fisco che è difeso "gratis" dallo Stato) il contribuente ha totalmente ragione nel 45% dei casi, nel 9% dei casi il contribuente ha ragione parzialmente, il fisco vince completamente nel 41% mentre il restante 5% dei casi (fonte Ministero Economia e Finanze) il contenzioso ha un altro esito (difficile da capire quale possa essere…). Considerando, inoltre, che quasi sempre le spese di giudizio vengono compensate tra le parti, si deve concludere che il contribuente italiano è indubbiamente vessato dal fisco. Chi di noi, se sbagliasse il 50% delle sue scelte nel lavoro, riuscirebbe a sopravvivere? Probabilmente dovrebbe cambiare lavoro. I dirigenti e i funzionari del fisco sono ben più fortunati dei comuni mortali: sbagliano una mossa su due, e nessuno gli muove la benchè minima critica. Non solo, ma i costi di questa enorme macchina burocratica legata al contenzioso, non appesantiscono forse il bilancio dello Stato?
*L'autore è un dottore commercialista che esercita sia a Milano che a Chiasso
***************************
COMMENTO ALP-AGL:
Questo articolo pensiamo sia molto utile per far capire a tutti i dipendenti pubblici italiani quale sia il terreno dove si gioca il loro futuro. Non le elezioni delle RSU che si tengono ogni tre anni e che formano organismi che non contano nulla, non l'iscrizione e l'attività per sindacati che, se rappresentativi, non esistono nell'interesse dei lavoratori ma per gli scopi dei loro vertici che intrecciano giochi perversi con certa parte della dirigenza pubblica e del mondo politico. Non nel riscuotere, seppur con regolarità (fino a quando?) , quel misero stipendio (compresi i FUA e le strampalate ripartizioni che se ne fanno) ormai eroso fino all'osso e che consente a malapena di mangiare, non nello sperare in una pensione pubblica che tra qualche anno sarà alleggerita fino a volare via, non nella previdenza integrativa, concepita a uso e consumo di grandi sindacati, compagnie assicurative e banche che vogliono esercitarsi a fare gli speculatori di borsa con le vostre liquidazioni, facendovele sparire. Non nell'ossequiare un dirigente per il quale voi siete solo dei soldatini da mettere in campo per continuare ad avere titolo a sedere sulla propria poltrona.
L'unica maniera per capovolgere questo amaro destino è entrare in rapporto diretto con cittadini e imprese, capire le loro esigenze, collaborare tutti per un nuovo Stato, una nuova Pubblica Amministrazione, mandando in soffitta i vecchi Sindacati e i vecchi Partiti che vi hanno usato, portato a questo punto e che tra poco vi butteranno via.
Che il 2013 sia l'anno dal quale cominci la rimotivazione personale e la capacità di riorganizzarsi in forme nuove. D'altronde, peggio di così...
giovedì 13 dicembre 2012
SE SEI LAVORATORE A PROGETTO E HAI DEI DUBBI...
...leggi questa Circolare del Ministero del Lavoro
http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/182249CE-5BDC-439F-9B87-6A3C0254A599/0/20121211_Circ_29.pdf
Se pensi che possa riguardare anche la tua situazione, contattaci e ti aiuteremo a tutelare i tuoi diritti.
AGL
http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/182249CE-5BDC-439F-9B87-6A3C0254A599/0/20121211_Circ_29.pdf
Se pensi che possa riguardare anche la tua situazione, contattaci e ti aiuteremo a tutelare i tuoi diritti.
AGL
lunedì 10 dicembre 2012
I lavoratori della Scala lanciano volantini dal loggione
La Prima della
Scala a Milano lo scorso 7 dicembre ha registrato verso la fine dello
spettacolo, il lancio di volantini di protesta dal loggione. In sintesi, i
lavoratori denunciano quanto segue.
* licenziata la ballerina solista del Corpo di Ballo della Scala per aver parlato e scritto un libro sui disturbi alimentari e non solo delle giovani che entrano nel mondo della danza.
* Il “Teatro alla Scala” è classificato ad “Alto Rischio”. Ogni anno, l’edificio accoglie 400 mila spettatori. Sarebbero necessari 20 Vigili del Fuoco Interni. Attualmente sono ridotti a 12.
*Il personale di sala è sotto organico del 50%
* 300 cause depositate presso il Tribunale di Milano intentate dai lavoratori precari della Scala per essere stabilizzati
*Un numero spropositato di lavoratori inquadrati da anni con contratto a tempo indeterminato “a chiamata”
* nel Coro avvengono violazioni del Contratto Nazionale delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche e degli Accordi Interni. La Commissione che seleziona gli aspiranti coristi ha denunciato l’illegittimità, a danno dei selezionati, causata dal trattenimento in servizio di un corista pensionato
(ne abbiamo parlato tempo fa qui:
http://alcom-agl.blogspot.it/2012/10/coro-della-scala-perche-lui-noanche-se.html )
* La “Fondazione Teatro alla Scala” è proprietaria di un edificio con parcheggio sotterraneo siti in Via Verdi. L’edificio viene lasciato vuoto
* la Direzione del Teatro che si occupa del settore “Acquisti di beni e servizi” ha indetto operazioni d’asta con affidamento ad Aziende con il 40% di ribasso
* Noleggiati mezzi di trasporto, lasciando fermi numerosi mezzi di proprietà della Scala.
Si tratta, come si vede, di una situazione scottante, comune a tanti teatri italiani, sofferta, oltre che dalla cittadinanza sensibile al teatro e alla cultura in generale, in particolare dai lavoratori impegnati in quelle strutture.
Attendiamo, dalla Fondazione e dalla Direzione, che venga chiarito il proprio punto di vista su quanto denunciato dai lavoratori che ci sembra abbastanza grave.
Ricordiamo che la Cultura è il futuro del nostro Paese, al contrario di altri settori ormai senza futuro ma sui quali vi è un investimento di risorse spropositato.
Siamo solidali con i lavoratori della Scala e con quelli di tutti i teatri italiani.
ALCOM-AGL
sabato 1 dicembre 2012
CORTE COSTITUZIONALE SU MATERNITA' PER LIBERE PROFESSIONISTE CHE ADOTTANO UN BAMBINO
Corte Costituzionale Sentenza n. 257 del 22.11.2012 (brani della sentenza):
""""""""""(...)1.— Il Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 27 settembre 2011 (r.o. n. 98 del 2012) ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 64, comma 2, e 67, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione «nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici autonome e alle lavoratrici iscritte alla gestione separata e tenute al versamento della contribuzione dello 0,5 per cento di cui all’art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che abbiano adottato un minore, prevedono l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi».(...)
Ciò posto si deve osservare che, come questa Corte ha già affermato, gli istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
Tale principio è tanto più presente nelle ipotesi di affidamento preadottivo e di adozione, nelle quali l’astensione dal lavoro non è finalizzata solo alla tutela della salute della madre, ma mira anche ad agevolare il processo di formazione e crescita del bambino (sentenza n. 385 del 2005), creando le condizioni di una più intensa presenza degli adottanti, cui spetta (tra l’altro) la responsabilità di gestire la delicata fase dell’ingresso del minore nella sua nuova famiglia.
In questo quadro, non si giustifica, ed appare anzi manifestamente irragionevole, che, con riferimento alla stessa categoria dei genitori adottivi, mentre alle lavoratrici dipendenti, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, spetta un congedo di maternità (con relativa indennità) per un periodo massimo di cinque mesi, sia in caso di adozione (o affidamento preadottivo) nazionale che internazionale (art. 26, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 151 del 2001), alle lavoratrici iscritte alla gestione separata sia riconosciuta un’indennità di maternità per soli tre mesi. L’irragionevolezza di tale trattamento differenziato è palese, ove si consideri che, in entrambi i casi, si verte in tema di adozione o di affidamento preadottivo.
È vero che tra lavoratrici dipendenti e lavoratrici iscritte alla gestione separata sussistono differenze che rendono le due categorie non omogenee. Nella questione in esame però vengono in rilievo non già tali diversità, bensì la necessità di adeguata assistenza per il minore nella delicata fase del suo inserimento nella famiglia, anche nel periodo che precede il suo ingresso nella famiglia stessa, e tale necessità si presenta con connotati identici per entrambe le categorie di lavoratrici.
Ne deriva che la discriminazione sopra riscontrata si rivela anche lesiva del principio di parità di trattamento tra le due figure di lavoratrici sopra indicate che, con riguardo ai rapporti con il minore (adottato o affidato in preadozione), nonché alle esigenze che dai rapporti stessi derivano, stante l’identità del bene da tutelare, vengono a trovarsi in posizioni di uguaglianza.
Conclusivamente, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, come integrato dal richiamo al d.m. 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi.
Ogni altro profilo rimane assorbito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 64, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), come integrato dal richiamo al decreto ministeriale 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 67, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, sollevata dal Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe
(...)
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere (...)""""""""""
""""""""""(...)1.— Il Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 27 settembre 2011 (r.o. n. 98 del 2012) ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 64, comma 2, e 67, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione «nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici autonome e alle lavoratrici iscritte alla gestione separata e tenute al versamento della contribuzione dello 0,5 per cento di cui all’art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che abbiano adottato un minore, prevedono l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi».(...)
Ciò posto si deve osservare che, come questa Corte ha già affermato, gli istituti nati a salvaguardia della maternità non hanno più, come in passato, il fine precipuo ed esclusivo di protezione della donna, ma sono destinati anche alla garanzia del preminente interesse del minore, che va tutelato non soltanto per quanto attiene ai bisogni più propriamente fisiologici ma anche in riferimento alle esigenze di carattere relazionale ed affettivo, collegate allo sviluppo della sua personalità (sentenze n. 385 del 2005 e n. 179 del 1993).
Tale principio è tanto più presente nelle ipotesi di affidamento preadottivo e di adozione, nelle quali l’astensione dal lavoro non è finalizzata solo alla tutela della salute della madre, ma mira anche ad agevolare il processo di formazione e crescita del bambino (sentenza n. 385 del 2005), creando le condizioni di una più intensa presenza degli adottanti, cui spetta (tra l’altro) la responsabilità di gestire la delicata fase dell’ingresso del minore nella sua nuova famiglia.
In questo quadro, non si giustifica, ed appare anzi manifestamente irragionevole, che, con riferimento alla stessa categoria dei genitori adottivi, mentre alle lavoratrici dipendenti, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, spetta un congedo di maternità (con relativa indennità) per un periodo massimo di cinque mesi, sia in caso di adozione (o affidamento preadottivo) nazionale che internazionale (art. 26, commi 1, 2 e 3 del d.lgs. n. 151 del 2001), alle lavoratrici iscritte alla gestione separata sia riconosciuta un’indennità di maternità per soli tre mesi. L’irragionevolezza di tale trattamento differenziato è palese, ove si consideri che, in entrambi i casi, si verte in tema di adozione o di affidamento preadottivo.
È vero che tra lavoratrici dipendenti e lavoratrici iscritte alla gestione separata sussistono differenze che rendono le due categorie non omogenee. Nella questione in esame però vengono in rilievo non già tali diversità, bensì la necessità di adeguata assistenza per il minore nella delicata fase del suo inserimento nella famiglia, anche nel periodo che precede il suo ingresso nella famiglia stessa, e tale necessità si presenta con connotati identici per entrambe le categorie di lavoratrici.
Ne deriva che la discriminazione sopra riscontrata si rivela anche lesiva del principio di parità di trattamento tra le due figure di lavoratrici sopra indicate che, con riguardo ai rapporti con il minore (adottato o affidato in preadozione), nonché alle esigenze che dai rapporti stessi derivano, stante l’identità del bene da tutelare, vengono a trovarsi in posizioni di uguaglianza.
Conclusivamente, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, come integrato dal richiamo al d.m. 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi.
Ogni altro profilo rimane assorbito.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 64, comma 2, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), come integrato dal richiamo al decreto ministeriale 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2002, nella parte in cui, relativamente alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), che abbiano adottato o avuto in affidamento preadottivo un minore, prevede l’indennità di maternità per un periodo di tre mesi anziché di cinque mesi;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 67, comma 2, del d.lgs. n. 151 del 2001, sollevata dal Tribunale di Modena, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli articoli 3, 31 e 37 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe
(...)
F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Alessandro CRISCUOLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere (...)""""""""""
giovedì 29 novembre 2012
STRANIERI: MINI DECRETO FLUSSI, CLICK DAY IL 7 DICEMBRE
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 16 ottobre 2012
Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro non stagionale nel territorio dello Stato, per l'anno 2012. (Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 2012)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;
Visto, in particolare, l'art. 3 del testo unico sull'immigrazione, il quale dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri puo' provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato»;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni ed integrazioni, regolamento recante norme di attuazione del testo unico sull'immigrazione; Visto il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 172 del 25 luglio 2012, recante attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare;Considerato che il documento programmatico triennale non e' stato emanato;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 305 del 31 dicembre 2010, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2010, che prevede una quota massima d'ingresso per motivi di lavoro non stagionale di 98.080 lavoratori non comunitari, che si aggiunge alla quota di 6.000 lavoratori non comunitari gia' prevista, in via di anticipazione, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010, per una quota complessiva autorizzata per l'anno 2010 pari a 104.080 unita';
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 92 del 19 aprile 2012, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l'anno 2012, che prevede tra l'altro, all'art. 2, come anticipazione della programmazione dei flussi d'ingresso per l'anno 2012 di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale, una quota di 4.000 cittadini non comunitari residenti all'estero che abbiano completato programmi di istruzione e formazione nel paese di origine ai sensi dell'art. 23 del citato testo unico sull'immigrazione;
Tenuto conto delle esigenze di specifici settori produttivi nazionali che richiedono lavoratori autonomi per particolari settori imprenditoriali e professionali;
Visto l'art. 21 del citato testo unico sull'immigrazione, circa la previsione di quote riservate all'ingresso di lavoratori di origine italiana;
Considerata inoltre l'esigenza di consentire la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo;
Considerato che la disposizione transitoria prevista dall'art. 5 del decreto legislativo n. 109 del 2012 sopra citato, prevede la facolta' per i datori di lavoro che occupano irregolarmente lavoratori stranieri presenti sul territorio nazionale, di dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro allo sportello unico per l'immigrazione;
Rilevato che permane comunque l'esigenza di prevedere - quale ulteriore anticipazione della programmazione dei flussi di ingresso in Italia, per l'anno 2012, di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale - specifiche quote destinate, rispettivamente, all'ingresso di lavoratori autonomi, di lavoratori di origine italiana, nonche' di prevedere quote destinate alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo;
Considerato che - avuto riguardo all'attuale congiuntura economica in Italia che evidenzia una generale contrazione dei livelli di occupazione - e' opportuno prevedere gli ingressi di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale in misura ridotta, fatte salve eventuali successive esigenze, rispetto alla corrispondente quota complessivamente autorizzata con i citati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010 e 30 novembre 2010;
Rilevato che ai fini anzidetti puo' provvedersi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare, in via di programmazione transitoria, nel limite della quota complessivamente utilizzabile per l'anno 2012, risultante dalle corrispondenti quote di ingresso per motivi di lavoro non stagionale autorizzate, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010 e con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2010, detratta la quota di 4.000 unita' gia' disposta, per l'ingresso di lavoratori formati all'estero, dall'art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2012;
Decreta:
Art. 1
1. A titolo di anticipazione della programmazione dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale per l'anno 2012, sono ammessi in Italia, in via di programmazione transitoria, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri non comunitari entro una quota complessiva di 13.850 unita'.
Art. 2
Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' consentito l'ingresso in Italia, per motivi di lavoro autonomo, di 2.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero appartenenti alle seguenti categorie: imprenditori che svolgono attivita' di interesse per l'economia italiana; liberi professionisti riconducibili a professioni vigilate, oppure non regolamentate ma comprese negli elenchi curati dalla pubblica amministrazione; figure societarie di societa' non cooperative, espressamente previste dalle disposizioni vigenti in materia di visti d'ingresso; artisti di chiara fama internazionale o di alta qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici oppure da enti privati.
Art. 3
Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, entro una quota di 100 unita', lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile.
Art. 4
1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di:
a) 4.000 permessi di soggiorno per lavoro stagionale;
b) 6.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;
c) 500 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell'Unione europea.
2. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' inoltre autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro autonomo di:
a) 1.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;
b) 250 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell'Unione europea.
Art. 5
Le quote per lavoro subordinato previste dal presente decreto saranno ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive domande pervenute.
Art. 6
I termini per la presentazione delle domande ai sensi del presente decreto decorrono dalle ore 9,00 del quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 7
Trascorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate tra quelle previste dal presente decreto, tali quote, ferma restando la quota complessiva prevista dall'art. 1, possono essere diversamente ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive necessita' riscontrate sul mercato del lavoro. Roma, 16 ottobre 2012
Il Presidente: Monti
Registrato alla Corte dei conti il 14 novembre 2012 Presidenza del Consiglio dei Ministri registro n. 9, foglio n. 239
Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per lavoro non stagionale nel territorio dello Stato, per l'anno 2012. (Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 2012)
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni ed integrazioni, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;
Visto, in particolare, l'art. 3 del testo unico sull'immigrazione, il quale dispone che la determinazione annuale delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sulla base dei criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso individuati nel documento programmatico triennale, relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, e che «in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei Ministri puo' provvedere in via transitoria, con proprio decreto, entro il 30 novembre, nel limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato»;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e successive modificazioni ed integrazioni, regolamento recante norme di attuazione del testo unico sull'immigrazione; Visto il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 172 del 25 luglio 2012, recante attuazione della direttiva 2009/52/CE che introduce norme minime relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno e' irregolare;Considerato che il documento programmatico triennale non e' stato emanato;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 305 del 31 dicembre 2010, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel territorio dello Stato per l'anno 2010, che prevede una quota massima d'ingresso per motivi di lavoro non stagionale di 98.080 lavoratori non comunitari, che si aggiunge alla quota di 6.000 lavoratori non comunitari gia' prevista, in via di anticipazione, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010, per una quota complessiva autorizzata per l'anno 2010 pari a 104.080 unita';
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - Serie generale - n. 92 del 19 aprile 2012, concernente la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l'anno 2012, che prevede tra l'altro, all'art. 2, come anticipazione della programmazione dei flussi d'ingresso per l'anno 2012 di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale, una quota di 4.000 cittadini non comunitari residenti all'estero che abbiano completato programmi di istruzione e formazione nel paese di origine ai sensi dell'art. 23 del citato testo unico sull'immigrazione;
Tenuto conto delle esigenze di specifici settori produttivi nazionali che richiedono lavoratori autonomi per particolari settori imprenditoriali e professionali;
Visto l'art. 21 del citato testo unico sull'immigrazione, circa la previsione di quote riservate all'ingresso di lavoratori di origine italiana;
Considerata inoltre l'esigenza di consentire la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo;
Considerato che la disposizione transitoria prevista dall'art. 5 del decreto legislativo n. 109 del 2012 sopra citato, prevede la facolta' per i datori di lavoro che occupano irregolarmente lavoratori stranieri presenti sul territorio nazionale, di dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro allo sportello unico per l'immigrazione;
Rilevato che permane comunque l'esigenza di prevedere - quale ulteriore anticipazione della programmazione dei flussi di ingresso in Italia, per l'anno 2012, di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale - specifiche quote destinate, rispettivamente, all'ingresso di lavoratori autonomi, di lavoratori di origine italiana, nonche' di prevedere quote destinate alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato e per lavoro autonomo di permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo;
Considerato che - avuto riguardo all'attuale congiuntura economica in Italia che evidenzia una generale contrazione dei livelli di occupazione - e' opportuno prevedere gli ingressi di lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale in misura ridotta, fatte salve eventuali successive esigenze, rispetto alla corrispondente quota complessivamente autorizzata con i citati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010 e 30 novembre 2010;
Rilevato che ai fini anzidetti puo' provvedersi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare, in via di programmazione transitoria, nel limite della quota complessivamente utilizzabile per l'anno 2012, risultante dalle corrispondenti quote di ingresso per motivi di lavoro non stagionale autorizzate, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2010 e con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 novembre 2010, detratta la quota di 4.000 unita' gia' disposta, per l'ingresso di lavoratori formati all'estero, dall'art. 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 2012;
Decreta:
Art. 1
1. A titolo di anticipazione della programmazione dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari per motivi di lavoro non stagionale per l'anno 2012, sono ammessi in Italia, in via di programmazione transitoria, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini stranieri non comunitari entro una quota complessiva di 13.850 unita'.
Art. 2
Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' consentito l'ingresso in Italia, per motivi di lavoro autonomo, di 2.000 cittadini stranieri non comunitari residenti all'estero appartenenti alle seguenti categorie: imprenditori che svolgono attivita' di interesse per l'economia italiana; liberi professionisti riconducibili a professioni vigilate, oppure non regolamentate ma comprese negli elenchi curati dalla pubblica amministrazione; figure societarie di societa' non cooperative, espressamente previste dalle disposizioni vigenti in materia di visti d'ingresso; artisti di chiara fama internazionale o di alta qualificazione professionale, ingaggiati da enti pubblici oppure da enti privati.
Art. 3
Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, sono ammessi in Italia, per motivi di lavoro subordinato non stagionale e di lavoro autonomo, entro una quota di 100 unita', lavoratori di origine italiana per parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile.
Art. 4
1. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato di:
a) 4.000 permessi di soggiorno per lavoro stagionale;
b) 6.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;
c) 500 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell'Unione europea.
2. Nell'ambito della quota di cui all'art. 1, e' inoltre autorizzata la conversione in permessi di soggiorno per lavoro autonomo di:
a) 1.000 permessi di soggiorno per studio, tirocinio e/o formazione professionale;
b) 250 permessi di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, rilasciati ai cittadini di Paesi terzi da altro Stato membro dell'Unione europea.
Art. 5
Le quote per lavoro subordinato previste dal presente decreto saranno ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive domande pervenute.
Art. 6
I termini per la presentazione delle domande ai sensi del presente decreto decorrono dalle ore 9,00 del quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 7
Trascorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, qualora vengano rilevate quote significative non utilizzate tra quelle previste dal presente decreto, tali quote, ferma restando la quota complessiva prevista dall'art. 1, possono essere diversamente ripartite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base delle effettive necessita' riscontrate sul mercato del lavoro. Roma, 16 ottobre 2012
Il Presidente: Monti
Registrato alla Corte dei conti il 14 novembre 2012 Presidenza del Consiglio dei Ministri registro n. 9, foglio n. 239
sabato 10 novembre 2012
QUANTO TEMPO TRA UN LAVORO A TEMPO DETERMINATO E L'ALTRO?
dal sito www.lavoro.gov.it
Riduzione degli intervalli temporali fra contratti a tempo determinato
I chiarimenti del Ministero nella Circolare 27 del 7 novembre 2012
Con la circolare n. 27 del 7 novembre 2012 il Ministero fornisce chiarimenti in merito alla riduzione degli intervalli temporali tra due contratti a tempo determinato e indicazioni di carattere interpretativo volte a chiarire la portata delle recenti modifiche apportate dal Decreto Legge n. 83 del 22 giugno 2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese) e dalla relativa legge di conversione.
• Circolare 27 del 7 novembre 2012 (formato .pdf 225,5 Kb)
Riduzione degli intervalli temporali fra contratti a tempo determinato
I chiarimenti del Ministero nella Circolare 27 del 7 novembre 2012
Con la circolare n. 27 del 7 novembre 2012 il Ministero fornisce chiarimenti in merito alla riduzione degli intervalli temporali tra due contratti a tempo determinato e indicazioni di carattere interpretativo volte a chiarire la portata delle recenti modifiche apportate dal Decreto Legge n. 83 del 22 giugno 2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese) e dalla relativa legge di conversione.
• Circolare 27 del 7 novembre 2012 (formato .pdf 225,5 Kb)
giovedì 8 novembre 2012
PROMOZIONE DI IMPRENDITORIA E OCCUPAZIONE SOCIALE GIOVANILE
(nella foto il Ministro Andrea Riccardi)
Avviso pubblico per la presentazione di progetti per la promozione ed il sostegno di interventi tesi alla valorizzazione di beni demaniali ovvero patrimoniali, disponibili o non disponibili, di proprietà di una pubblica amministrazione, al fine di facilitare l’accessibilità e la fruizione da parte della collettività e favorire la promozione di imprenditoria e occupazione sociale giovanile nelle Regioni Obiettivo Convergenza - “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”
Per i particolari vai al sito del Dicastero del Ministro Riccardi:
http://www.gioventu.gov.it/bandi/2012/10/30/bandobeni.aspx
Avviso pubblico per la presentazione di progetti per la promozione ed il sostegno di interventi tesi alla valorizzazione di beni demaniali ovvero patrimoniali, disponibili o non disponibili, di proprietà di una pubblica amministrazione, al fine di facilitare l’accessibilità e la fruizione da parte della collettività e favorire la promozione di imprenditoria e occupazione sociale giovanile nelle Regioni Obiettivo Convergenza - “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”
Per i particolari vai al sito del Dicastero del Ministro Riccardi:
http://www.gioventu.gov.it/bandi/2012/10/30/bandobeni.aspx
martedì 30 ottobre 2012
FORNERO CONFERMA : RIFORMA PENSIONI FATTA "MENTULA CANIS"
Clicca su questo link per guardare il video-confessione
http://www.ansa.it/web/notizie/videogallery/italia/2012/10/29/Fornero-esodati-sapevamo-tutto-mi-candido-_7712944.html
http://www.ansa.it/web/notizie/videogallery/italia/2012/10/29/Fornero-esodati-sapevamo-tutto-mi-candido-_7712944.html
venerdì 26 ottobre 2012
LSU LAVORATORI SOCIALMENTE UTILI : 17 ANNI DI ATTESA
I lavoratori socialmente utili (LSU). Una categoria che non tutti conoscono ma
che molti fanno finta di ignorare. E invece ci sono, in silenzio, da 17 anni. E
ultimamente hanno dovuto pure sopportare l'accusa di parassitismo e l'ironia di
soggetti politici in cerca di facile propaganda. Sono i più precari per
antonomasia. Ma in questi anni, in silenzio (anche di chi lavorava al loro
fianco come stabile e dei sindacati di riferimento), sono stati utilizzati nelle
più svariate attività istituzionali e, addirittura, a copertura di vuoti di
organico per far fronte al blocco del turn-over imposto dalle leggi succedutesi,
senza tutela contrattuale, senza contributi previdenziali. Infatti la norma
legislativa di riferimento stabilisce che nessun rapporto di natura subordinata
è previsto nel loro utilizzo. A nostro parere è , quest'ultima, una delle più
grosse schifezze concepite nella storia del diritto del lavoro italiano. In
pratica: lavoro nero legalizzato. Li hanno utilizzati e li utilizzano Ministeri
,Tribunali, Procure, Giudici di Pace,Ospedali, Regioni, Province, Comuni,
Comunità Montane. Scuole, ecc.Ad oggi non si intravvedono possibilità, per loro,
di una soluzione definitiva e positiva. Come ALASU-AGL pensiamo che queste
soluzioni vadano trovate. Occorre censire tutti gli enti utilizzatori degli LSU,
con lo stato effettivo di utilizzo ; provvedere a emanare norme con cui fare
chiarezza sulla natura giuridica dei LSU tendenti ad eliminare le eventuali
situazioni discriminatorie nell’utilizzo; accertare le attuali disponibilità
economiche degli Enti , definire le procedure di assunzione ed attuare nuove
procedure sino a concorrenza di dette disponibilità economiche; l’adozione di un
provvedimento, nelle more di una soluzione definitiva di stabilizzazione dei
LSU, con cui cofinanziare gli Enti utilizzatori dei LSU, promuovendo iniziative
che consentano l'integrazione dell' orario, oltre le 20 ore già finanziate con
l’Assegno ASU, fino al raggiungimento di 36 ore settimanali di attività
complessiva; l’approvazione di disposizioni per l’assunzione in deroga ai limiti
di legge e in soprannumero, stabilizzando l’assegno ASU; il riconoscimento
d’ufficio dei contributi validi per la pensione per l’intero periodo svolto in
regime LSU, dal momento dell’ assunzione fino al pensionamento del lavoratore;
incentivi per i prepensionamenti. Chiediamo che il Ministero del Lavoro promuova
provvedimenti normativi specifici per risolvere definitivamente la questione
occupazionale delle categoria, rifinanziando il FNO il fondo nazionale per
l'occupazione presso il MLPS da cui vengono prelevate le risorse economiche per
gli assegni ASU.
ALASU-AGL
Alleanza Lavoratori Atipici e Socialmente
Utili
mercoledì 24 ottobre 2012
TRUFFE CORSI FORMAZIONE: SAVIONI (AGL): " E' ORA DI PREVENIRE CONTROLLANDO CAPILLARMENTE"
Questa la notizia:
http://www.liberoquotidiano.it/news/1105924/Lombardia-organizza-falsi-corsi-formazione-con-fondi-pubblici-arrestato.html
""""""""""Lombardia: organizza falsi corsi formazione con fondi pubblici, arrestato
Milano, 24 ott. (Adnkronos) - Organizzava corsi di formazione finanziati con fondi pubblici producendo registri contraffatti e, in alcuni casi, non li avrebbe neppure svolti. Per questo la Guardia di Finanza di Milano sta eseguendo in queste ore un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Alessandra Clemente, nei confronti dell'amministratore di fatto di una cooperativa milanese, attiva nell'ambito dei corsi di formazione e di aggiornamento professionale, per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso.
Le indagini, svolte su delega del sostituto procuratore di Milano, Paolo Filippini, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, hanno consentito di appurare che l'indagato avrebbe indebitamente percepito erogazioni pubbliche in base legge 236/1993, pari ad oltre 1,3 milioni di euro, finalizzate all'organizzazione di corsi di formazione.
Gli accertamenti hanno rivelato che le attivita' oggetto dei finanziamenti sarebbero, in alcuni casi, mai state svolte oppure, in altri, sarebbero state rappresentate in maniera artificiosa mediante la falsificazione dei registri didattici prodotti alla Regione Lombardia. """"""""""
IVANO SAVIONI (della Segreteria Generale AGL):
"Ci risiamo. Il settore della Formazione (e non solo in Lombardia) è costantemente teatro di tentativi più o meno raffinati di truffare la Pubblica Amministrazione e tradire la fiducia di migliaia di giovani e delle loro famiglie.
E' ora di dire basta! Non ci accontentiamo più delle iniziative a posteriori della Magistratura, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, spesso costretti a rimediare al vuoto della Politica. E' necessario che da subito venga condotta da parte degli Organi di controllo preposti una straordinaria opera di prevenzione di questi odiosi reati in quanto vedono come vittime i più deboli.Ogni giorno sorgono dal nulla nuovi Enti di formazione i cui promotori dovrebbero possedere idonei requisiti e, a questo scopo, monitorati e attentamente seguiti"
http://www.liberoquotidiano.it/news/1105924/Lombardia-organizza-falsi-corsi-formazione-con-fondi-pubblici-arrestato.html
""""""""""Lombardia: organizza falsi corsi formazione con fondi pubblici, arrestato
Milano, 24 ott. (Adnkronos) - Organizzava corsi di formazione finanziati con fondi pubblici producendo registri contraffatti e, in alcuni casi, non li avrebbe neppure svolti. Per questo la Guardia di Finanza di Milano sta eseguendo in queste ore un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Alessandra Clemente, nei confronti dell'amministratore di fatto di una cooperativa milanese, attiva nell'ambito dei corsi di formazione e di aggiornamento professionale, per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso.
Le indagini, svolte su delega del sostituto procuratore di Milano, Paolo Filippini, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, hanno consentito di appurare che l'indagato avrebbe indebitamente percepito erogazioni pubbliche in base legge 236/1993, pari ad oltre 1,3 milioni di euro, finalizzate all'organizzazione di corsi di formazione.
Gli accertamenti hanno rivelato che le attivita' oggetto dei finanziamenti sarebbero, in alcuni casi, mai state svolte oppure, in altri, sarebbero state rappresentate in maniera artificiosa mediante la falsificazione dei registri didattici prodotti alla Regione Lombardia. """"""""""
IVANO SAVIONI (della Segreteria Generale AGL):
"Ci risiamo. Il settore della Formazione (e non solo in Lombardia) è costantemente teatro di tentativi più o meno raffinati di truffare la Pubblica Amministrazione e tradire la fiducia di migliaia di giovani e delle loro famiglie.
E' ora di dire basta! Non ci accontentiamo più delle iniziative a posteriori della Magistratura, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, spesso costretti a rimediare al vuoto della Politica. E' necessario che da subito venga condotta da parte degli Organi di controllo preposti una straordinaria opera di prevenzione di questi odiosi reati in quanto vedono come vittime i più deboli.Ogni giorno sorgono dal nulla nuovi Enti di formazione i cui promotori dovrebbero possedere idonei requisiti e, a questo scopo, monitorati e attentamente seguiti"
VIGILI DEL FUOCO: LA VENDETTA DEL BRUNETTISMO
Fa un pò effetto vedere i Vigili del Fuoco che protestano contro la riforma
delle pensioni indossando i pannoloni. Non può non ritornre alla mente l'attacco
a suo tempo di Brunetta contro i poliziotti vecchi e "panzoni". Evidentemente,
come tutti i fenomeni che hanno caratterizzato un'epoca, anche la visione del
mondo made in Brunetta ha inciso sull'autostima di tante categorie di lavoratori
legate alla necessità di esibire rassicurante prestanza. Cominciamo col dire che
molti sessantaduenni (e oltre) danno dei numeri ai ventenni, quanto a prontezza
e dinamismo. Nel nostro Paese manca una cultura della cura del proprio corpo, a
differenza ad esempio degli USA. Sarebbe bene quindi che i Vigili del Fuoco non
si buttassero troppo giù nè tanto meno cercassero la compassione dell'opinione
pubblica. Non lo fa la coetanea (sessantacinquenne) Fornero, perchè dovrebbero
farlo loro?
A parte pannoloni e cateteri, resta invece tutta sul tavolo la loro condizione lavorativa effettivamente, quella sì (e non per loro responsabilità) insopportabile e vergognosa.
Venendo al merito delle questioni,va innanzitutto precisato che l'attuale situazione è imputabile non solo e non tanto al Ministro Cancellieri ma soprattutto a diversi suoi predecessori. La sensazione è di un corpo gestito con colpevole leggerezza, per non dire incompetenza. Nessuno ha capito per esempio la massiccia iniezione di Prefetti (non certo dei tecnici del settore). Come cioè se si fosse voluto mettere in secondo piano la competenza a favore di un maggiore verticismo e disciplina di tipo poliziesco-militare. Mai come in questo caso poi sembra stridente il contrasto tra le esigenze di fronteggiare il Debito pubblico e quella di fornire un servizio irrinunciabile, la sicurezza, ai cittadini (in termini relativi la presenza dei Vigili del Fuoco, in Italia , è quantitativamente minore rispetto a Paesi con un nostro pari grado di sviluppo, per non parlare delle differenze interne tra territori) ma anche agli stessi Vigili (tutti ricordiamo la tragicomica vicenda dei guanti ignifughi avariati) . Non crediamo infatti che analogo risparmio vi sia stato nella gestione (e nella qualità degli armamenti) della scorta dei Ministri Fornero e Cancellieri.Anche da questi particolari si riscontra la serietà di una classe di governo.C'è chi parla di smantellamento silenzioso in corso (non fatichiamo a crederlo), anche qui il precariato morde (30 mila stabili e 60 mila precari), 5 anni di ritardo nel rinnovo dei contratti, il blocco del turn over, un parco mezzi sul cui stato è meglio sorvolare (si rischierebbe da avere gli incubi), una complessiva situazione critica dell'apparato della protezione civile (aggravata dalla recente condanna di 6 scienziati e dalle conseguenti dimissioni della commissione grandi rischi al completo) per cui speriamo che non accada nulla di veramente grave, nel frattempo...
Non sappiamo quale sia la reale volontà del governo di mettere le mani in questa situazione. Quello che è certo è che occorre muoversi, nell'interesse della collettività. Non vorremmo dover rimpiangere l'epoca del Dott. Bertolaso, tecnico di valore ma un pò sfortunato, capace di suscitare un mare di polemiche e di vicende giudiziarie. Tutt'al più, nel frattempo, potremmo migliorare la situazione di tanti Vigili del Fuoco facendo togliere loro quei brutti pannoloni e affidandoli alle cure della massaggiatrice di cui si avvaleva l'ex Capo della Protezione Civile. Meglio di niente, in attesa di tempi migliori!
A parte pannoloni e cateteri, resta invece tutta sul tavolo la loro condizione lavorativa effettivamente, quella sì (e non per loro responsabilità) insopportabile e vergognosa.
Venendo al merito delle questioni,va innanzitutto precisato che l'attuale situazione è imputabile non solo e non tanto al Ministro Cancellieri ma soprattutto a diversi suoi predecessori. La sensazione è di un corpo gestito con colpevole leggerezza, per non dire incompetenza. Nessuno ha capito per esempio la massiccia iniezione di Prefetti (non certo dei tecnici del settore). Come cioè se si fosse voluto mettere in secondo piano la competenza a favore di un maggiore verticismo e disciplina di tipo poliziesco-militare. Mai come in questo caso poi sembra stridente il contrasto tra le esigenze di fronteggiare il Debito pubblico e quella di fornire un servizio irrinunciabile, la sicurezza, ai cittadini (in termini relativi la presenza dei Vigili del Fuoco, in Italia , è quantitativamente minore rispetto a Paesi con un nostro pari grado di sviluppo, per non parlare delle differenze interne tra territori) ma anche agli stessi Vigili (tutti ricordiamo la tragicomica vicenda dei guanti ignifughi avariati) . Non crediamo infatti che analogo risparmio vi sia stato nella gestione (e nella qualità degli armamenti) della scorta dei Ministri Fornero e Cancellieri.Anche da questi particolari si riscontra la serietà di una classe di governo.C'è chi parla di smantellamento silenzioso in corso (non fatichiamo a crederlo), anche qui il precariato morde (30 mila stabili e 60 mila precari), 5 anni di ritardo nel rinnovo dei contratti, il blocco del turn over, un parco mezzi sul cui stato è meglio sorvolare (si rischierebbe da avere gli incubi), una complessiva situazione critica dell'apparato della protezione civile (aggravata dalla recente condanna di 6 scienziati e dalle conseguenti dimissioni della commissione grandi rischi al completo) per cui speriamo che non accada nulla di veramente grave, nel frattempo...
Non sappiamo quale sia la reale volontà del governo di mettere le mani in questa situazione. Quello che è certo è che occorre muoversi, nell'interesse della collettività. Non vorremmo dover rimpiangere l'epoca del Dott. Bertolaso, tecnico di valore ma un pò sfortunato, capace di suscitare un mare di polemiche e di vicende giudiziarie. Tutt'al più, nel frattempo, potremmo migliorare la situazione di tanti Vigili del Fuoco facendo togliere loro quei brutti pannoloni e affidandoli alle cure della massaggiatrice di cui si avvaleva l'ex Capo della Protezione Civile. Meglio di niente, in attesa di tempi migliori!
SANITA': SPENDING REVIEW O SPENDING "DIPPIU' "?
E' ormai avvenuto che l'adozione da parte del governo della spending review
abbia prodotto un effetto a cascata (una volta si chiamava scarica barile) sulle
Regioni le quali sono state obbligate in fretta e furia a risparmiare dove era
possibile, oltre che necessario. Si sa che la maggiore fonte di spesa per le
regioni è la sanità quindi, cascata sulle ASL , seguita da cascatine sulle
singole aziende ospedaliere. Ricordiamoci che la questione è serissima: stiamo
parlando della salute della gente. Siamo vicini forse a una svolta. Ossia,
potrebbe accadere che a breve quello che ognuno di noi dava per scontato e
sicuro, rivolgendosi a uno ospedale (facendo i debiti scongiuri) a breve non
possa esserlo più. Di solito, quando c'è da risparmiare si comincia, guarda
caso, dal basso, anche se l'ordine viene dall'alto. Chi sono i più deboli? I
malati. Da chi vengono accuditi, per lo più , di fatto? Da lavoratori che sono i
più deboli e sfruttati: quegli degli appalti di servizi, spesso precari,
sfruttati e sottopagati. Negli ospedali normali accade ciò. Ovviamente chi
lancia quegli ordini dall'alto non è poi tra le vittime ma va a curarsi nelle
cliniche di lusso, dove questi problemi non esistono.Si dirà, allora, che in
definitiva si tratta di raschiare l'osso? Non esattamente, perchè questi
appalti, in realtà, sono degli appetitosi e paffuti cosciotti addentati però da
chi non è nè malato nè assistente dei malati. Di chi è la dentierà? Dei
politici, i quali, notoriamente, nutrono la propria attività proprio grazie ai
meccanismi che sono dietro gli appalti, il cui costo è in minima parte quello
del servizio (quanto volete possano spendere per i poveri salari di quei
lavoratori? Pochissimo) . In realtà, la parte del leone la fanno i costi
generali dentro cui troveremmo, a ben cercare, qualcosa che conosciamo
benissimo: i costi della politica.
Bene, si dirà.Il taglio riguarderà anche quei costi. No. Riguarda gli stipendi di quei lavoratori (aumento dei carichi a parità di retribuzione, riduzioni di orario, demansionamento) e gli acquisti di pertinenza dei malati. La politica non può tagliare i propri costi: ne verrebbe compromessa la democrazia, diamine!Quindi non solo quei lavoratori sono stati utilizzati in tutti questi anni come normali impiegati di ASL e Ospedali, senza vederselo riconosciuto (in violazione tra l'altro di ogni principio di diritto del lavoro, la medesima materia insegnata da qualcuno dei professori che ci governa). Ora rischiano di dover lavorare quasi gratis o, peggio, di perdere il loro lavoro. E i malati di perdere un sostegno che domani potrebbe non esserci più. L'unica via che porterebbe a un risparmio duraturo ossia il riconoscimento del lavoro effettuato dai precari, stabilizzandoli e la presa d'atto che solo reinternalizzando le funzioni, ossia facendo ridiventare pubblico quello che avventatamente è stato reso privato, si recupererebbe la qualità del servizio, non viene perseguita proprio perchè in tal caso cadrebbe la copertura di questo meccanismo perverso finalizzato a foraggiare la classe politica.Ma se i costi minimi del servizio sono incomprimibili e, quindi, per altre vie la Pubblica Amministrazione sarà costretta a breve, in qualche maniera (tasse ovviamente) a trovare, sulla base del disagio e della protesta sociale, le risorse per recuperare gli standard minimi di prestazioni e assistenza, se prima o poi il costo sociale di questa modalità di gestione della forza lavoro presenterà il proprio conto (chi può essere mai disposto a lavorare da schiavo?) e se la politica non vorrà rinunciare alla sua fetta di torta (si sa quanto sia difficile per chiunque mettersi a dieta) , è facile concludere che in questo e altri settori la spending review produrrà un complessivo incremento della spesa pubblica, un pò come accade all'obeso che inizia scelleratamente a fare dei forzati digiuni, perde inizialmente dei chili e poi li riacquista con gli interessi, cedendo su tutta la linea. Siamo veramente delusi. Pensavamo che un governo tecnico, formato da professori e manager così qualificati, escogitasse soluzioni più intelligenti.
Bene, si dirà.Il taglio riguarderà anche quei costi. No. Riguarda gli stipendi di quei lavoratori (aumento dei carichi a parità di retribuzione, riduzioni di orario, demansionamento) e gli acquisti di pertinenza dei malati. La politica non può tagliare i propri costi: ne verrebbe compromessa la democrazia, diamine!Quindi non solo quei lavoratori sono stati utilizzati in tutti questi anni come normali impiegati di ASL e Ospedali, senza vederselo riconosciuto (in violazione tra l'altro di ogni principio di diritto del lavoro, la medesima materia insegnata da qualcuno dei professori che ci governa). Ora rischiano di dover lavorare quasi gratis o, peggio, di perdere il loro lavoro. E i malati di perdere un sostegno che domani potrebbe non esserci più. L'unica via che porterebbe a un risparmio duraturo ossia il riconoscimento del lavoro effettuato dai precari, stabilizzandoli e la presa d'atto che solo reinternalizzando le funzioni, ossia facendo ridiventare pubblico quello che avventatamente è stato reso privato, si recupererebbe la qualità del servizio, non viene perseguita proprio perchè in tal caso cadrebbe la copertura di questo meccanismo perverso finalizzato a foraggiare la classe politica.Ma se i costi minimi del servizio sono incomprimibili e, quindi, per altre vie la Pubblica Amministrazione sarà costretta a breve, in qualche maniera (tasse ovviamente) a trovare, sulla base del disagio e della protesta sociale, le risorse per recuperare gli standard minimi di prestazioni e assistenza, se prima o poi il costo sociale di questa modalità di gestione della forza lavoro presenterà il proprio conto (chi può essere mai disposto a lavorare da schiavo?) e se la politica non vorrà rinunciare alla sua fetta di torta (si sa quanto sia difficile per chiunque mettersi a dieta) , è facile concludere che in questo e altri settori la spending review produrrà un complessivo incremento della spesa pubblica, un pò come accade all'obeso che inizia scelleratamente a fare dei forzati digiuni, perde inizialmente dei chili e poi li riacquista con gli interessi, cedendo su tutta la linea. Siamo veramente delusi. Pensavamo che un governo tecnico, formato da professori e manager così qualificati, escogitasse soluzioni più intelligenti.
venerdì 19 ottobre 2012
INCENTIVI AL LAVORO DELLE DONNE E DEI GIOVANI UNDER 30
I datori di lavoro che stabilizzano, entro il 31 marzo 2013, rapporti di lavoro
possono essere ammessi ad un incentivo pari a € 12.000. Incentivi di
importo minore possono essere riconosciuti a chi instaura, entro il 31 marzo
2013, rapporti di lavoro a tempo determinato. L’incentivo riguarda uomini
con meno di 30 anni o donne di qualunque età. L’incentivo è autorizzato
dall’Inps nei limiti delle risorse appositamente stanziate dal decreto del
ministero del lavoro.
QUI IL DECRETO INTERMINISTERIALE:
Decreto
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 5 ottobre 2012
(pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 243 del 17
ottobre 2012)
Il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro dell’Economia e delle Finanze,
VISTO
l’articolo 24, comma 27, primo e secondo periodo, del decreto-legge
6 dicembre 2011, n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214, che prevede l’istituzione presso il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un Fondo per il
finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini
quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle
donne;
VISTO,
inoltre, il terzo periodo del comma 27 del sopracitato articolo 24,
laddove dispone che con decreti del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e
finanze, sono definiti i criteri e le modalità istitutive del Fondo;
VISTO
l’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 28 giugno 2012,
n.92, che indica, come azione prioritaria, l’instaurazione di
rapporti di lavoro più stabili e che ribadisce il rilievo
prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato;
VISTO
il regolamento (CE) 15 dicembre 2006, n. 1998/2006, Regolamento della
Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del
Trattato agli aiuti di importanza minore “de minimis”;
VISTO
l’articolo 13, comma 1-quinquies,
del decreto-legge 2 marzo 2012, n.16, convertito, con modificazioni,
dalla legge 26 aprile 2012, n.44;
RITENUTO,
pertanto, al fine di promuovere, in via straordinaria, l’occupazione
dei giovani e delle donne nel peculiare contesto dell’attuale fase
economica, incentivando la creazione di rapporti di lavoro stabili,
ovvero di maggiore durata, di istituire il Fondo di cui al suindicato
articolo 24, comma 27, del decreto-legge n.201 del 2011, convertito
con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, individuando, per
l’anno 2012 e 2013, gli interventi straordinari in favore dei
giovani e delle donne
DECRETA
Art.1
1. E’ istituito, presso il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo di cui
all’articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011,
n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,
n. 214 (d’ora in avanti Fondo).
Art.
2
- Ai fini di promuovere, in via straordinaria, l’occupazione dei giovani e delle donne nel peculiare contesto dell’attuale fase economica, incentivando la creazione di rapporti di lavoro stabili, ovvero di maggiore durata, gli interventi di cui all’articolo 24, comma 27, del citato decreto-legge n.201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n.214 del 2011 - nel limite di spesa di euro 196.108.953,00, per l’anno 2012 e di euro 36.000.000 per l’anno 2013, a valere sul Fondo di cui all’articolo 1 del presente decreto - sono individuati come segue:
- incentivi alla trasformazione dei contratti a tempo determinato di giovani e di donne, in contratti a tempo indeterminato, nonché all’incentivazione delle stabilizzazioni, con contratto a tempo indeterminato, di giovani e di donne, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità di progetto, o delle associazioni in partecipazione con apporto di lavoro. Le predette trasformazioni ovvero stabilizzazioni operano con riferimento a contratti in essere o cessati da non più di sei mesi e mediante la stipula di contratti a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, purché di durata non inferiore alla metà dell’orario normale di lavoro di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n.66, e successive modifiche ed integrazioni.
- incentivi per ogni assunzione a tempo determinato di giovani e di donne con orario normale di lavoro di cui al surrichiamato decreto legislativo n.66 del 2003, con incremento della base occupazionale.
2. La somme di cui al comma 1
sono trasferite all’INPS per il finanziamento degli incentivi di
cui agli articoli 3 e 4.
Art.3
- L’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) corrisponde un incentivo del valore di 12.000 euro per ogni trasformazione o stabilizzazione indicata al medesimo articolo 2, comma 1, lettera a), avvenuta a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale e sino al 31 marzo 2013. L’incentivo è riconosciuto, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 2, comma 1, per i contratti, stipulati ai sensi del articolo 2, comma 1, lettera a) del presente decreto, con giovani di età fino a 29 anni e con donne, indipendentemente dall’età anagrafica, fino ad un massimo di dieci contratti per ciascun datore di lavoro.
Art.4
1.
Per ogni assunzione a tempo determinato di cui all’articolo 2,
comma 1, lettera b), del presente decreto - con incremento della base
occupazionale - di durata non inferiore a 12 mesi, di giovani fino a
29 anni e di donne, indipendentemente dall’età anagrafica, fino ad
un massimo di dieci contratti per ciascun datore di lavoro, avvenuta
a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto nella
Gazzetta Ufficiale e sino al 31 marzo 2013, l’Inps corrisponde, nei
limiti delle risorse di cui all’articolo 2, comma 1, del presente
decreto, un incentivo del valore di 3.000 euro.
2.
Il contributo di cui al comma 1 è elevato:
- a 4.000 euro, se la durata del contratto a tempo determinato supera i 18 mesi, per le assunzioni a tempo determinato avvenute a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta ufficiale e sino al 31 marzo 2013;
- a 6.000 euro, se la durata del contratto a tempo determinato supera i 24 mesi, per le assunzioni a tempo determinato avvenute a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta ufficiale e sino al 31 marzo 2013.
Art.5
- Gli incentivi di cui agli articoli 3 e 4 del presente decreto sono corrisposti dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande da parte dei datori di lavoro a cui l’Istituto attribuisce un numero di protocollo informatico e sono erogati ai medesimi datori di lavoro in un’unica soluzione decorsi sei mesi, rispettivamente, dalle trasformazioni o stabilizzazioni di cui all’articolo 3, ovvero dalle assunzioni di cui all’articolo 4, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 2, comma 2.
- Gli incentivi cui agli articoli 3 e 4 del presente decreto sono erogati dall’INPS in favore di ciascun datore di lavoro nel rispetto delle previsioni di cui al regolamento (CE) 15 dicembre 2006, n. 1998/2006, Regolamento della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di importanza minore “de minimis”.
- Le risorse di cui all’articolo 2, comma 2, sono erogate all’INPS, previa richiesta, mediante acconto del settanta per cento dell’ammontare complessivo e la rimanente quota viene erogata a seguito di presentazione di apposita rendicontazione delle somme complessivamente riconosciute ai datori di lavoro.
Il presente decreto è
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Roma, 5 ottobre 2012
Il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali Il Ministro
dell’economia e delle finanze
*********************************************
QUESTA LA CIRCOLARE INPS (con gli allegati occorrenti):
giovedì 4 ottobre 2012
LA BEFFA DEL FONDO PER L'ACCESSO AL MUTUO DELLE GIOVANI COPPIE
Continuano le difficoltà di accesso al credito per l'acquisto della prima casa,
in particolare per le giovani coppie.Da circa un anno è operativo un "Fondo
per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani
coppie coniugate o dei nuclei familiari anche monogenitoriali con figli
minori"". (http://www.diamoglifuturo.it/fondo-casa
)
Sono disponibili 50 milioni di euro affinché le giovani coppie possano comprarsi la prima casa, ma ne sono stati utilizzati pochissimi (meno del 5%) perchè, sembra, le banche non informano i giovani che vanno a chiedere mutui di questa opportunità. Sembra addirittura che gli impiegati agli sportelli bancari neppure sappiano di questa offerta. A chi si è permesso di contestare tale situazione, l'ABI ha risposto che le banche non concedono i mutui ai giovani per tutelarli perché avendo lavori spesso precari, se si trovassero nella situazione di non poter rimborsare le rate sarebbe peggio per loro. Ma il sospetto è un altro, che le banche non ci guadagnino abbastanza. Se il Governo vuole fare qualcosa di concreto per i giovani inizi da qui.
Sono disponibili 50 milioni di euro affinché le giovani coppie possano comprarsi la prima casa, ma ne sono stati utilizzati pochissimi (meno del 5%) perchè, sembra, le banche non informano i giovani che vanno a chiedere mutui di questa opportunità. Sembra addirittura che gli impiegati agli sportelli bancari neppure sappiano di questa offerta. A chi si è permesso di contestare tale situazione, l'ABI ha risposto che le banche non concedono i mutui ai giovani per tutelarli perché avendo lavori spesso precari, se si trovassero nella situazione di non poter rimborsare le rate sarebbe peggio per loro. Ma il sospetto è un altro, che le banche non ci guadagnino abbastanza. Se il Governo vuole fare qualcosa di concreto per i giovani inizi da qui.
giovedì 27 settembre 2012
SCIOPERO LAVORO PUBBLICO 28/9/2012: LE RAGIONI DEL "NI"
In merito allo sciopero di domani non ha poi
molto senso precisare se si aderisca o meno, se sullo stesso si sia o meno
d'accordo. Perchè ogni lavoratore è libero di decidere con la sua testa. Semmai
può essere utile fare qualche considerazione sul momento nel quale questa
iniziativa di CGIL e UIL si colloca. Al momento in cui scriviamo, solo la
CONFSAL ha deciso di aggregarsi, seppur separatamente.
La CISL è stata contraria sin dall'inizio, UGL e
CISAL si sono tirate indietro all'ultimo momento, il sindacalismo di base per lo
più contesterà gli organizzatori ma certamente non si farà scappare l'occasione
per presentarsi in spezzoni dei cortei, costituendo essi comunque momenti di
“conflitto”.
Chi ha iniziato a seguirci da un po' di tempo sa
già cosa noi pensiamo dello strumento sciopero. Lo consideriamo controproducente
nel settore pubblico (non procura danni ma solo guadagni alla Amministrazione
controparte, è noto infatti che nella PA non si crea profitto), irrilevante nel
privato, purchè lo stesso non sia ad oltranza fino al raggiungimento
dell'obbiettivo.
Ci potrebbero domandare, allora, quale sia
l'alternativa, là dove ci sia l'esigenza di lottare?Nella P.A. : campagne
informative verso l'opinione pubblica su fatti e comportamenti di singole
Amministrazioni e dirigenti che solo chi è all'interno della PA può conoscere.
Nel privato, appunto, lo sciopero ad oltranza. Si fanno provviste e si smette di
lavorare.
Ma in entrambi i casi, la condizione è che le
iniziative si decidano, organizzino e attuino assieme, da parte di tutti i
lavoratori, tramite le rappresentanze comunque esistenti. Non è opportuno agire
da minoranze, poiché se la maggioranza decide di non protestare vuol dire che
c'è un problema ossia che i lavoratori vogliono altro, nei contenuti e nei
metodi.
Il concetto che uno sciopero possa “incidere
sull'azione del governo” è, in questo quadro istituzionale, sbagliato. Per il
semplice motivo che ad incidere sul governo devono essere i partiti, attraverso
l'azione parlamentare o, al limite, con la competizione elettorale. Ma i partiti
non si interessano di ciò, per cui dal mondo del lavoro occorre supplire a
questa assenza. Ma non è giusto neppure che tutto si blocchi per l'ignavia e
l'irresponsabilità dei partiti. Pertanto non solo deve essere messo in
discussione il concetto di sciopero ma anche quello di “autonomia” dei sindacati
dalla politica e dai partiti. Sappiamo che questa autonomia non c'è, che la
politica in realtà influenza i sindacati che avrebbero forza economica e
elettorale per ribaltare il rapporto. Ma non usano questa forza perchè i partiti
hanno imposto loro di essere “autonomi” quindi impotenti rispetto alla politica
stessa. La soluzione? Un partito dei lavoratori dipendenti? Non avrebbe
successo, ricalcherebbe l'esperienza del partito dei pensionati. Sarebbe meglio
invece cambiare proprio modello (sarebbe ora), passare a un assetto di tipo (da
adattare all'Italia) anglosassone in cui vi è uno stretto legame , dichiarato,
trasparente, alla luce del sole, tra partiti e sindacati. Non si vuole farlo?
Pazienza, allora vuol dire che i lavoratori e la parte migliore del sindacalismo
italiano hanno la vocazione alla sconfitta. D'altronde, che fine farebbero le
associazioni di beneficienza (al cui interno a volte si gestiscono milioni di
euro) se improvvisamente sparissero i bisognosi? Occorre quindi comprendere come
vanno le cose. Il nostro sindacato è l'unico in Italia che non prevede
l'incompatibilità tra cariche politiche e cariche sindacali. Perchè se si
vogliono servire i lavoratori lo si può fare contemporaneamente e in maniera
trasparente su entrambi i versanti. In Italia non si puo? Semplice, perchè uno
alla luce del sole fa il sindacalista ma al buio il politico. Oppure, all'aperto
il politico, ma segretamente, il lobbista di pezzi del potere pubblico (con il
relativo esercito di dipendenti) o di quello privato.
Con questa scusa che la colpa non è
dell'Amministrazione, ma della politica, la politica ribatte che occorre
prendersela con la maggioranza governativa, la quale si difende affermando che
non ha potere. Ma chi consente a dei non eletti di governare? Alcuni partiti che
però, guarda caso non sono la controparte di questo dichiarato sciopero, se non
per una allusione costante agli sprechi e ai costi della politica. Grande
fesseria (se intesa come misura risolutiva) perchè innanzitutto anche abolendo
quei costi non risparmieremmo quanto occorre ad esempio per sbloccare i rinnovi
contrattuali del settore pubblico e poi perchè se con la politica non si potesse
guadagnare quanto occorrente a far fronte ai costi neppure i frati si
impegnerebbero per il bene comune. E poi un piccolo particolare: un parlamentare
è eletto dal popolo (seppur in alcuni casi, con il porcellum, nominato dalle
gerarchie partitiche, le quali però hanno interesse alla presentabilità
elettorale dei singoli, pena la trombatura della lista), un dirigente invece
(che rimane anche quando cambiano i ministri e che è quello che in realtà
comanda a vita in un ramo della PA) ha solo vinto un “concorso” (vogliamo
parlare dei concorsi italiani?). E noi, quando si parla di interesse pubblico
(ad esempio relativamente ai risparmi da attuare nella PA) non possiamo porre
sullo stesso piano questi due soggetti: pendiamo dalla parte di colui che ha
avuto (anche se in maniera tortuosa) i voti della gente, con una faccia
conosciuta, non di chi magari, a nostra insaputa, è sul libro paga di chi sa chi
e di cui non conosceremo mai il volto). Ecco perchè noi come sindacato (unici in
Italia) siamo per lo spoils system e per la magistratura elettiva, ad esempio.
La cosa non ci rende popolari? Pazienza, accomodatevi, andate avanti con questi
“sindacati” che hanno “vinto” il blocco per 7 anni dei rinnovi contrattuali.La
Camusso pertanto (per fare un esempio, ma vale per le altre sigle) lasci perdere
il povero Monti, che è solo un esecutore del potere bancario e se la prenda con
Bersani, chiedendogli conto di che diavolo stia combinando in quella
maggioranza. Invece di chiedere a Marchionne quali siano i modelli previsti da
FIAT (e Marchionne fa bene a tenere segreto ciò per non avvantaggiare la
concorrenza) chieda a Bersani (che, piccolo particolare, è già stato per anni
Ministro dello Sviluppo Economico) che modello di società e economia realizzerà
se vincerà le elezioni.E visto che siamo a dirci la verità su tutto, sarebbe ora
che non i sindacati ma i singoli lavoratori italiani (soprattutto quelli
pubblici) ci facessero capire, se veramente la situazione per loro è così grave,
perchè la propria combattività è ai minimi termini nell'Occidente capitalistico.
Ci rifiutiamo di credere che si rinunci a difendere appieno la propria dignità
solo perchè le banche tengono il cittadino per i cosiddetti ricattandolo sul
mutuo della casa. Perfino in Cina si stanno ribellando, ma sul serio e non con
un rituale sciopero generale di un giorno. Non si capisce perchè in Italia
questo non avvenga. E qui la colpa non è della Camusso, persona in buona fede
che come tanti sindacalisti (e politici) ha dedicato la vita a interessi
superiori rispetto a quelli personali. Non si ritiene di ribellarsi oltre certi
limiti? Anche qui, pazienza. Quando sarete pronti, cari lavoratori italiani,
fateci un fischio.Almeno Bonanni e Centrella su questo sono coerenti. Preso atto
della volontà della maggioranza dei lavoratori pubblici di evitare
realisticamente il peggio e di non pensare, per una volta, altro che a se
stessi, accontentandosi di non perdere il posto e di vivere con uno stipendio da
fame, hanno tratto spunto dal segnale fornito da Patroni Griffi qualche giorno
fa e si sono dichiarati disponibili a trattare, seppur in posizione di debolezza
e svantaggio, per riaprire quegli spazi di contrattazione che fino a ieri
sembravano addirittura appartenenti alla preistoria.
In ogni caso, a parte queste considerazioni,
rispettiamo entrambe le opinioni, auguriamo agli scioperanti un buon successo
della loro iniziativa e apprezziamo anche la posizione di chi coerentemente e in
buona fede è convinto dell'inutilità (e della dannosità) dello sciopero in
presenza comunque di un avvio di dialogo.
Come AGL (questo il senso del nostro intervento)
riteniamo però di non concordare né con l'una né con l'altra posizione. Noi
pensiamo solo al futuro (ormai il presente è compromesso) Va recuperato nel
merito un coordinamento tra le espressioni rappresentative dei lavoratori,
eventuali future iniziative dovranno, quanto meno nel metodo, essere di spirito
unitario per essere incisive.
Quello che secondo noi è evidente (e più
importante, altro che lo sciopero o la trattativa con Patroni Griffi, con
Marchionne o con Monti) è che questo modello sindacale non solo è in crisi ma ha
perso e che occorre ripensare (pur nel rispetto di una gloriosa storia di lotte)
al modo di essere del sindacato nella società e nella politica italiana.
Nell'esclusivo interesse dei lavoratori.
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